È tra il 1968 e il 1970, quando cioè viene meno l’opera d’arte così come la si è pensata in una lunga tradizione che parte dell’antico, come pittura e scultura, il periodo in cui prendono campo performance, happening, installazioni, Land art, opere fatte per autodistruggersi nel tempo. Si recupera il sogno wagneriano dell’opera totale come mix di media e linguaggi diversi, ma che troppo spesso restano solo giustapposti, senza fondersi in una sintesi creativa nuova. Una lunga storia cominciata con i prodromi del Cubismo nel 1905 si dissolve nel Postmoderno, come ha raccontato nel 2011 la mostra londinese ‹Postmodernism style and subversion 1970-1990›.
Dopo la guerra poi, il falso movimento del Surrealismo sarebbe diventato rapidamente egemone nel mondo dell’arte fingendo un’immersione nell’irrazionale che si concretizza in fantasticherie e pratiche autolesionistiche che segnano il corpo dell’artista (la Body art), riproponendo l’estetica del sublime, di derivazione ottocentesca, in una versione che ne esaspera gli aspetti traumatofilici.
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[] S. M a g g i o r e l l i, ‹A t t a c c o a l l’ a r t e›, L’ A s i n o d’ o r o, 2 0 1 7.
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