[⇐] L’oggetto artistico doveva essere «bello come l’incontro fortuito di un ombrello e di una macchina da cucire» aveva scritto Lautréamont, che i surrealisti prendevano a modello. Nacquero in questo contesto le ‘macchine celibi’ di Duchamp, opere come il ‹Grande Vetro› (che compare nelle prime pagine dell’‹Anti-Edipo› di Deleuze e Guattari) che celebrano una sessualità masturbatoria, consumata nell’anaffettività più completa. Se i futuristi con Marinetti esaltavano la modernità delle macchine come invasati della guerra «sola igiene del mondo», per il giocatore di scacchi Marcel Duchamp le macchine erano un mezzo per teatralizzare un ‘eros’ freddo, «crudele». Come si evince da opere quali ‹La sposa messa a nudo dai suoi scapoli›. «Ci troviamo di fronte a una interpretazione meccanicistica, cinica, del fenomeno amoroso: il passaggio della donna dallo stato di verginità a quello di non verginità… a una speculazione radicalmente a-sentimentale» [16], commentava lo stesso André Breton.
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NOTE
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[16]. A. Breton, ‹Phare de la Mariée›, in “Le Minotaure”, II, 6, 1935, ripreso in Id., ‹Il surrealismo e la pittura›, Abscondita, Milano 2010.
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[] S. M a g g i o r e l l i, ‹A t t a c c o a l l’ a r t e›, L’ A s i n o d’ o r o, 2 0 1 7.
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