Il freddo minimalismo degli anni Ottanta è diventato manierismo, ‹trompe-l’oeil›, costruzione di realtà fittizie, doppioni, mondi artificiali, confezionati in formato gigante da archistar.
Contro l’estetica della ‹Bigness›, contro l’architettura ridotta a marketing, che sovrasta il contesto, che prolifera come deriva delirante della postmetropoli, si è espresso in maniera sferzante ed efficace un architetto di scuola tenacemente modernista come Vittorio Gregotti (‹Contro la fine dell’architettura›, 2008, ‹Architettura e postmetropoli›, 2011 ecc.), denunciando in particolare la deterritorializzazione e la fine dell’urbanistica in città dalle mappe sempre più caotiche e illeggibili, in cui ‘non luoghi’ come centri commerciali e outlet sono i maggiori punti di attrazione.
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[] S. M a g g i o r e l l i, ‹A t t a c c o a l l’ a r t e›, L’ A s i n o d’ o r o, 2 0 1 7.
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