Come siamo arrivati a tanto? Così ci ha risposto Salvatore Settis parlando del buono e cattivo uso che è stato fatto dei Bronzi di Riace, fin dalla loro inaspettata scoperta: «Per rispondere bisognerebbe cominciare con il dire che cosa è un’opera d’arte. Io credo che gli affreschi di Giotto o per esempio la ‹Commedia› di Dante siano strumenti per pensare. Credo che siano delle costruzioni molto complesse di persone che hanno cercato di offrire agli altri esseri umani testi in senso lato sui quali riflettere riguardo alle cose che vedono, ma anche sulla vita e sul mondo. Questa è la vocazione iniziale dell’arte, dovrebbe essere in primo luogo una riflessione sulla cittadinanza e su se stessi. Il processo di estetizzazione dell’arte, cioè il processo per cui gli affreschi di Giotto o il Partenone o i Bronzi di Riace sono soltanto una cosa bella davanti alla quale genuflettersi senza pensare, è un modo per anestetizzare la potenzialità rivoluzionaria dell’arte. L’arte serve se si [sic!] allontana dalla quotidianità ma non per proiettarci in un’estasi come se dovessimo avere le stimmate da un momento all’altro o un qualche contatto con il divino. Ci spinge a interrogarci sul perché Dante ha scritto quei versi, perché Giotto ha fatto quegli affreschi, come mai c’è il Partenone, con quale intenzione è stato fatto, perché hanno investito tutti quei soldi e quella intelligenza. Se pensiamo a tutto questo con grande serietà, cioè storicamente, ne ricaviamo anche una lezione per il tempo presente. La neutralizzazione, attraverso l’estetizzazione, crea una bellezza generica che non serve a nulla ed è questa la ‘reificazione’ sulla base della quale poi si possono costruire dei discorsi che non servono a niente depotenziando l’arte, dandole un significato di una fuga dal presente, anziché un richiamo all’intelligenza, alla responsabilità individuale, alla responsabilità collettiva» [43].
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NOTE
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[43]. I due Bronzi furono trovati da un sub il 16 agosto 1972, a largo [sic!] di Riace, in Calabria; la notizia della scoperta passò quasi in sordina. Ma quando furono esposti a Firenze nel 1980 suscitarono grande interesse. Se gli studiosi avevano sottovalutato la scoperta, il pubblico intuì e accorse a vederli. Tanto che la mostra fu riproposta a Roma, per iniziativa del presidente Sandro Pertini. Settis lo ricostruisce nel volume ‹Sul buono e sul cattivo uso dei Bronzi di Riace› (Donzelli, Roma 2015), che è stato per me occasione di [+un? 𝑁.𝑑.𝐸.𝑊.] nuovo incontro con il professore.
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[] S. M a g g i o r e l l i, ‹A t t a c c o a l l’ a r t e›, L’ A s i n o d’ o r o, 2 0 1 7.
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