[⇐] Per quanto concerne il nostro tema, abbiamo a che fare con tracce, come quelle di cui si sono occupati in particolare i lavori pionieristici di Othmar Keel e della sua scuola [3], e poi principalmente, anzi quasi esclusivamente, con ricordi, tra i quali è possibile siano stati inseriti anche alcuni messaggi, cioè fonti testuali coeve.
Per quanto riguarda l’Egitto, invece, le cose vanno diversamente: siamo inondati di messaggi mentre le tracce sono rare, dal momento che la maggior parte di esse è andata perduta nelle sedimentazioni del limo nilotico alte diversi metri, oppure è caduta nelle mani dei cercatori di ‹sebbach› (la sostanza organica in decomposizione con la quale venivano concimati i campi), i quali hanno depredato le colline del Basso Egitto ricche di rovine. Soltanto episodicamente incontriamo i ricordi, cioè i momenti di elaborazione costruttiva del passato. L’analisi dei ricordi è l’oggetto della storia della memoria [4].
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NOTE
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[3]. Vedi soprattutto O. Keel e C. Uehlinger, ‹Göttinnen, Götter und Gottessymbole. Neue Erkenntnisse zur Religionsgeschichte Kanaans und Israels aufgrund bislang unerschlossener ikonographischer Quellen›, Freiburg i.Br., Herder, 1992.
[4]. Ho sviluppato e presentato questo metodo nei primi capitoli del mio ‹Mosè l’egizio›, cit.
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[] J. A s s m a n n, ‹N o n a v r a i a l t r o d i o› (2 0 0 6), i l M u l i n o, 2 0 0 7.
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