Per fare luce su tale nesso concettuale, consideriamo di nuovo il caso di Raskolnikov, il quale compie il suo duplice delitto consapevolmente e senza esservi costretto in alcun modo. In tale prospettiva egli è senza dubbio ‹responsabile› della sua azione e può essere legittimamente biasimato e punito. Ora però consideriamo un’ipotesi diversa (esteticamente raccapricciante, ma utile dal punto di vista teoretico): immaginiamo cioè che Dostoevskij abbia scritto un romanzo diverso, in cui Raskolnikov — mite studente che mai penserebbe di macchiarsi le mani di sangue — viene ipnotizzato da un sofisticato criminale che lo induce in tal modo a compiere i due omicidi. In questo caso non diremmo forse che Raskolnikov, essendo stato ‹costretto› a compiere i suoi delitti, non era libero di agire altrimenti, e che, perciò, non dovrebbe essere considerato moralmente responsabile della propria condotta? Non diremmo, insomma, che il biasimo e il castigo sarebbero in questo caso del tutto fuori luogo?
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K E Y W O R D S
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[] M. D e C a r o, ‹I l l i b e r o a r b i t r i o …›, L a t e r z a, 2 0 0 4.
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