Per Strawson, al contrario, ciò sarebbe errato perché è illecito generalizzare dal caso dell’irresponsabilità di specifici soggetti patologici in situazioni ordinarie all’irresponsabilità di ‹tutti› gli agenti nel caso in cui si dimostrasse la verità del determinismo. I due tipi di casi sono, infatti, intrinsecamente diversi e, secondo la prospettiva strawsoniana, nulla si può inferire dall’uno all’altro. In presenza di individui che, a torto o a ragione, consideriamo irresponsabili, noi cessiamo di rispondere con i consueti atteggiamenti reattivi: abbandoniamo, cioè, la tipica prospettiva ‘soggettiva’ o ‹agenziale› e, al suo posto, adottiamo una prospettiva oggettiva o ‹naturalistica›. Prendiamo, cioè, a considerare questi individui come oggetti di possibili trattamenti clinici o, eventualmente, di misure di contenimento [25]. E quando tentiamo di capire i comportamenti di tali soggetti, non cerchiamo spiegazioni di carattere razionale (non cerchiamo, cioè, di risalire a un insieme di stati intenzionali, più o meno coerenti, che sono all’origine delle loro azioni), ma spiegazioni causali di carattere scientifico.
Situazioni del genere non sono affatto infrequenti. La tesi di Strawson, tuttavia, è che esse non provano proprio nulla (con buona pace dei libertari) rispetto al rapporto tra determinismo e responsabilità.
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N O T E
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[25]. P.F. Strawson (1962, p. 9). Sulla specificità del punto di vista ‘oggettivo’ (rispetto a quello ‘agenziale’, che guarda agli esseri umani come ad agenti intenzionali) è di grande rilievo la riflessione di Nagel (1986).
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K E Y W O R D S
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[] M. D e C a r o, ‹I l l i b e r o a r b i t r i o …›, L a t e r z a, 2 0 0 4.
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