Scrivere, fare un film significa in B. dire qualcosa di “necessario” che agisce nell’ordine del “trasformare,” compresa la figura e le forme del suo essere artista. Il suo cinema non è “chiuso” nei suoi film. C’è qui la radice della contraddizione che lo percorre, tra un autore con un piglio e un carattere così preciso, con un segno e un mondo così personali, e d’altro canto una carriera eclettica, fatta di prove in campi disparati — teatro, televisione, film indipendenti, militanti, grande produzione, committenza pubblica. Come a misurare momento per momento la propria possibilità di lavoro a un fine. Come a scegliere ogni volta il proprio ‹mezzo›, la propria ‹forma›. Ciò lo rende un isolato, un autore atipico, defilato e con rari nessi con le “linee culturali di moda che distruggono ogni possibilità di vere esperienze (le stesse eccezioni dei film m-l e del film “politico” come genere, ‹Sbatti il mostro in prima pagina›, sono ricuperate dalla coerenza con cui vanno in fondo all’‹errore›). Rara qualità del suo cinema è proprio quella di coinvolgere nella pratica della sua lettura problemi che eccedono la lettera del testo, capace di misurarsi in primo luogo con modalità e pertinenze del cinema in rapporto con se stesso e con il reale.
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K E Y W O R D S
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◊ authp_A_B_a_r_b_e_r_a
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◊ authp_G_i_a_n_n_i_V_o_l_p_i
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◊ auths_M_a_r_c_o_B_e_l_l_o_c_c_h_i_o
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[] M. B e l l o c c h i o, ‹S a l t o n e l v u o t o›, U n i v. e c o n. F e l t r i n e l l i, 1 9 8 0.
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