Salto nel vuoto • Colloquio… (d1)

  •  B e l l o c c h i o  (1 9 8 0)  •  C o l l o q u i o  c o n  M a r c o  B e l l o c c h i o  •

•  C’è una tendenza critica a proporre del tuo film un’interpretazione “pessimistica”, come momento di chiusura. Non ci pare che sia così…

Ci sono due modi di leggerlo. L’uno segue il film dalla parte di lui, il giudice; e allora è un film totalmente negativo, disperato. C’è un uomo il cui potere sociale gli dà una maschera di normalità. E che vive sulla follia tranquilla, succube della sorella. Nel momento in cui questa follia diviene attiva, si fa ribellione all’ineluttabilità di un destino, egli crolla, conosce la sua incapacità a vivere e si butta nel vuoto. L’altra lettura è più attenta ai gesti minimi di liberazione della sorella, visto come personaggio autonomo; e il discorso si fa così più complesso e dialettico. Cioè, questa donna diretta, strumentalizzata, vittima su cui si fanno fantasie di ogni tipo, per un caso voluto da altri (l’incontro con l’attore che è in potenza il suo sicario) a poco a poco, sia pure nella maniera più discreta e ‹invisibile›, si stacca, si separa dalla morte, rompe il guscio della sua prigionia, incrina l’autorità del giudice, “capisce”; ecco che si trovano elementi positivi che sostengono lo stesso finale (il rapporto non cattolico, come potrebbe essere, con la figura ‹vitale› del bambino), che complicano la speranza, che non ne fanno una cosa vuota e astratta.

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K E Y W O R D S
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[]  M.  B e l l o c c h i o,  ‹S a l t o  n e l  v u o t o›,  U n i v.  e c o n.  F e l t r i n e l l i,  1 9 8 0.
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