Libero arbitrio… • 2.6. Il «Consequence Argument» (21)

  •  D e C a r o  (2 0 0 4)  •  2.  L i b e r t à  e  d e t e r m i n i s m o  •

Forse l’idea di Hume era irrealizzabile; forse il concetto di libertà è intrinsecamente complesso, ambiguo e magari confuso. Ma un’indagine filosofica non può perderne completamente di vista l’origine, l’intrinseco valore sedimentato nelle nostre vite e nelle nostre pratiche. La libertà ci interessa perché appare fortemente connessa a tanti aspetti rilevanti delle nostre vite (come le attribuzioni di responsabilità, i giudizi morali, le pratiche punitive, le iscrizioni di razionalità [???] e così via). Rinunciando del tutto alla connessione con l’intuizione prefilosofica — in nome di intuizioni iperfilosofiche come quelle che sottostanno alla sua interpretazione della falsificabilità delle leggi di natura — Lewis costruisce un perfetto esempio di quelle «oscure sofisticherie» contro cui, a ragione, si scagliava Hume. E ciò già basta, io credo, per ritenere che la presunta confutazione del ‹Consequence Argument› da parte di Lewis non abbia successo [60]. Io credo, perciò, che possiamo richiamarci a questo argomento a sostegno dell’incompatibilismo. E così abbiamo una ragione in più per credere nella robusta intuizione che ci suggerisce che libertà e determinismo non sono conciliabili.

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N O T E
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[60]. Alcuni compatibilisti hanno tentato anche di attaccare la premessa 5 del ‹Consequence Argument›, quella secondo cui non si possono falsificare enunciati concernenti il passato remoto. La struttura di questi tentativi di confutazione è molto simile a quella impiegata da Lewis contro la premessa 4. L’idea in sostanza è che, nel compiere una determinata azione, un agente avrebbe potuto falsificare (in senso debole) l’enunciato che descrive lo stato dell’universo in un istante passato, nel senso che — se egli avesse compiuto un’azione diversa da quella che ha compiuto — allora il passato sarebbe stato diverso (cfr. Foley 1979, Fischer 1983). Anche rispetto a questa proposta, tuttavia, viene da pensare che essa si fondi su un’idea di potere (e di libertà) costruita arbitrariamente.

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K E Y W O R D S
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[]  M.  D e  C a r o,  ‹I l  l i b e r o  a r b i t r i o …›,  L a t e r z a,  2 0 0 4.
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