Non avrai… • 1. Critica della violenza religiosa (9)

  •  A s s m a n n  (2 0 0 6)  •  1.  C r i t i c a  d e l l a  v i o l e n z a  r e l i g i o s a  • 

Nell’ambito della violenza sacrificale il richiamo alla volontà divina, espresso tramite divinazione o oracolo, costituisce un’eccezione, dove la regola è il sacrificio prescritto secondo una routine stabilita. Il senso del sacrificio è la comunicazione: l’offerta votiva è infatti il mezzo preferito per venire a contatto con il mondo divino. Nelle culture della divinazione (per esempio la Mesopotamia, la Grecia e Roma) il sacrificio animale non serviva ad adempiere la volontà divina, bensì a conoscerla. Ma in generale i riti sacrificali servivano a influenzare positivamente o, per dirla con il linguaggio religioso, a cercare una «riconciliazione» con il mondo divino tramite la creazione di un’armonia simbiotica tra il mondo degli dèi e quello degli uomini, tra il cosmo e la società, sulla base di codici comunicativi all’interno dei quali l’uccisione rappresenta una delle unità comunicative più efficaci e importanti. Abbiamo qui a che fare con la violenza in un quadro comunicativo, e non con la violenza come opposto della comunicazione, per cui ci si potrebbe chiedere se si possa addirittura parlare di violenza. L’‹Homo necans› non è un individuo violento, anzi è un sacerdote che per comunicare con l’altro mondo si serve dell’uccisione come di un mezzo prescritto.

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[]  J.  A s s m a n n,  ‹N o n  a v r a i  a l t r o  d i o›  (2 0 0 6),  i l  M u l i n o,  2 0 0 7.
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