Si fa ancora più complesso il discorso addentrandoci nel pieno Novecento. Anche perché, pensando a studiosi più vicini a noi, bisogna forse ammettere che figure centrali come Claude Lévi-Strauss e André Leroi-Gourhan hanno contribuito, in parte, a portarci fuori strada. Con una lettura strutturalista, Lévi-Strauss ha finito per dare una valenza mitica, del tutto astratta, al pensiero dei cosiddetti primitivi. Benché gli vada riconosciuto il merito di aver criticato il totemismo [15] di James Frazer, e poi di Freud, basato sull’idea dell’orda e dell’assassinio ancestrale, alla fine il grande antropologo francese non sembra essersi affrancato dalla visione freudiana, priva di riscontri scientifici, di un inconscio perverso filogeneticamente ereditato.
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NOTE
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[15]. Lévi-Strauss critica Freud, perché in libri come ‹Totem e tabù› (1912), suggestionato da James G. Frazer, dimostra di credere nella storicità del mito del banchetto totemico. L’antropologo francese accusa il padre della psicoanalisi di riproporre ipotesi inverificabili già messe all’angolo dall’etnologia moderna.
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[] S. M a g g i o r e l l i, ‹A t t a c c o a l l’ a r t e›, L’ A s i n o d’ o r o, 2 0 1 7.
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