Quello della caparbietà e della fragilità della fede della generazione del deserto, come della sua costante disposizione alla violenza — per due volte Mosè corre il rischio di essere linciato dalla folla inferocita [4] —, è un tema che percorre come un filo rosso sia il Nuovo sia l’Antico Testamento. L’opera storiografica del Deuteronomio diretta a giudicare tutti i re, da Israele a Giuda, in base al loro rispetto della legge, ne assolve soltanto tre con formula piena: Davide, Ezechia e Giosia. Tutti gli altri, imitando la generazione del deserto, foggiano vitelli d’oro, non rispettano la fedeltà a Yahweh e «si prostituiscono» agli altri dèi, non facendo affidamento su Dio e perseguitando crudelmente i suoi profeti fino a Gesù di Nazareth [5]. Insomma, il tema rimane presente nel corso dell’intera narrazione biblica.
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NOTE
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[4]. «Mosè gridò al Signore dicendo: “Che cosa farò di questo popolo? Ancora un po’ e mi lapiderà”» (Es 17, 4). «Tutta la comunità disse di lapidarli» (Nm 14, 10).
[5]. O.H. Steck, ‹Israel und das gewaltsame Geschick der Propheten›, Neukirchen-Vluyn, Neukirchener Verlag, 1967.
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[] J. A s s m a n n, ‹N o n a v r a i a l t r o d i o› (2 0 0 6), i l M u l i n o, 2 0 0 7.
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