[⇐] Quanto alla persistenza di un repertorio di immagini che sembra rimanere stabile per quasi 20.000 anni, Jean Clottes individua delle variazioni ma all’interno di una indiscutibile unitarietà, dovuta al sistema di valori dei cacciatori-raccoglitori della preistoria, che rimase a lungo lo stesso. Nelle prime pitture naturalistiche che conosciamo, quelle di Chauvet, ci sono molte raffigurazioni del sesso femminile ma anche una figura non finita di donna. L’immagine umana compare lì contemporaneamente ai disegni di animali e così fu per lungo tempo. Ma a un’attenta osservazione si possono notare le differenze fra i vari artisti che, senza soluzione di continuità, in epoche diverse, hanno continuato a dipingere le stesse grotte, senza cancellare il lavoro di chi li aveva preceduti, ma anzi integrandosi in modo armonico in quest’opera collettiva. «Trentamila anni fa i nostri antenati erano esseri umani come noi oggi. Avevano le stesse capacità, fantasia e possibilità emotive», dice Clottes. Ma come è possibile allora che un’espressione artistica così viva e matura risulti paragonabile a una manifestazione allucinatoria, come quella prodotta dall’Lsd che peraltro allora non esisteva? Nel suo studio ‹Les chamanes de la préhistoire› (1996), Clottes ipotizza che gli sciamani, nelle grotte, avessero allucinazioni causate da deprivazione sensoriale. ‘Allucinazione’ e ‘visione’, nei suoi testi sono usati come sinonimi. [⇒]
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[] S. M a g g i o r e l l i, ‹A t t a c c o a l l’ a r t e›, L’ A s i n o d’ o r o, 2 0 1 7.
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