[⇐] Fallirono in questa impresa anche lombrosiani e freudiani, che identificavano nel primitivo tare ataviche. L’antropologia criminale fondata da Cesare Lombroso (1835-1909), infatti, studiava fenomeni come la patologia mentale e la delinquenza considerandoli residui ancestrali. Come avrebbero mai potuto dei selvaggi primitivi creare immagini artistiche, belle e universali? Come avrebbero potuto collaborare in modo così armonioso e sorprendente quei bestioni terrorizzati di vichiana memoria? Quasi in parallelo, due psicologi e criminologi molto influenti nella loro epoca come Scipio Sighele (1868-1913) [12] e Gustave Le Bon (1841-1931) [13] sostenevano che la folla è pericolosamente irrazionale, fatto che favorirebbe l’emergere di una delinquenza innata dell’uomo e il diffondersi contagioso della patologia mentale. Un’ideologia che influenzò fortemente anche Sigmund Freud [14].
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NOTE
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[12]. Cfr. S. Sighele, ‹La folla delinquente›, Bocca, Torino 1895.
[13]. Cfr. G. Le Bon, ‹Psicologia delle folle›, TEA, Milano 2004. Come altri criminologi e psicologi del suo tempo pensa che la folla sia irrazionale e pericolosa. Nega la possibilità che si possa sviluppare una creatività di gruppo come si ipotizza accadesse già fra i ‹Sapiens› nel Paleolitico superiore.
[14]. Cfr. S. Freud, ‹Psicologia delle masse e analisi dell’Io›, Einaudi, Torino 2013. Scrive lo psichiatra D. Fargnoli in ‹Punti di vista diversi sulla pericolosità del malato di mente› sulla rivista online “Babylon Post” il 3 gennaio 2014: «Nell’inconscio di ciascuno, per la psicoanalisi come per il cristianesimo, sarebbe attivo l’istinto di morte, inteso come sadismo ed aggressività originaria. C’è pertanto una sostanziale convergenza fra l’antropologia freudiana e l’antropologia criminale di Lombroso che prevedeva il ‘delinquente nato’ da confinare nei manicomi giudiziari. Per Lombroso la delinquenza è un fenomeno regressivo che riattiva una aggressività atavica presente in tutti… una violenza che affonderebbe le sue radici nella filogenesi, come diceva anche Freud, cioè nel passato remoto dell’umanità». Ma, sottolinea lo psichiatra, «la pericolosità del malato di mente non può essere legata a fattori costituzionali e ad alterazioni neuroanatomiche. Essa è un fenomeno reattivo a determinate situazioni di rapporto interumano. Pertanto può essere prevenuta e risolta nella stragrande maggioranza dei casi con opportune strategie psicoterapeutiche e con interventi adeguati».
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[] S. M a g g i o r e l l i, ‹A t t a c c o a l l’ a r t e›, L’ A s i n o d’ o r o, 2 0 1 7.
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