La cultura invece obbedisce ad altre leggi, come ha mostrato Aleida Assmann nel suo libro ‹Zeit und Tradition› [2]. Qui vale il principio: ‹cultura facit saltus›. È probabile che anche le grandi trasformazioni e svolte culturali siano state preparate da passaggi lenti e impercettibili, e tuttavia esse vengono percepite, rappresentate e ricordate nella memoria culturale come salti. In realtà, anche il monoteismo potrebbe essersi sviluppato gradualmente dal politeismo. Nella rappresentazione biblica, però, esso viene descritto, nella maniera più radicale possibile, come un salto e una cesura rivoluzionari. I quattrocentotrenta anni trascorsi da Israele in Egitto interrompono ogni continuità con l’età patriarcale precedente; la fuga dall’Egitto si configura come un taglio netto con tutte le tradizioni egizie adottate fino a quel momento e la rivelazione della legge sul Sinai come un inizio completamente nuovo e il contrario di uno sviluppo lento e tranquillo: un intervento di Dio nella storia, magnifico e straordinario sotto tutti gli aspetti, che ponendosi di traverso rispetto al lento corso del tempo e intersecando lo sviluppo naturale, crea nuove epoche. Così funziona la cultura sotto il profilo dell’autopercezione e dell’autorappresentazione e soprattutto della propria memoria. ‹Cultura facit saltus›.
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NOTE
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[2]. A. Assmann, ‹Zeit und Tradition. Kulturelle Strategien der Dauer›, Köln - Weimar - Wien, Böhlau, 1999, pp. 47-53.
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[] J. A s s m a n n, ‹N o n a v r a i a l t r o d i o› (2 0 0 6), i l M u l i n o, 2 0 0 7.
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