Copernico • 2. La formazione… e la Scuola di Cracovia (…16a)

  •  B a r o n e  (1 9 7 7)  •  O p e r e  d i  N i c o l a  C o p e r n i c o  •  I n t r o d u z i o n e  • 

[⇐]   Se, cioè, non fosse avvenuto tutto ciò che è avvenuto nella scuola di Cracovia (e, per estensione, anche altrove in quel mondo di idee del cui influsso tale scuola risentì), Copernico non sarebbe stato possibile. Non se ne sarebbe avuta la possibilità, mettiamo, nel secolo XIV, perché non si erano ancora realizzate le condizioni di quell’ambiente culturale e, doveroso aggiungere, anche dell’ambiente politico e sociale: come negare l’importanza, ad esempio, per i problemi astronomici delle questioni connesse con la riforma del calendario [63] o dimenticare che la scoperta dell’America (con tutte le sue fortissime implicazioni innovative) [64] avvenne nel secondo anno del soggiorno di Copernico a Cracovia? Senza questo complesso di fattori, niente Copernico (fosse poi il Nicola nato a Toruń o un qualsiasi altro nato altrove). Ma per capire l’unicità di Copernico — o, se vogliamo usare anche qui un termine tedesco, la sua ‹Einzigkeit› — non mi è sufficiente percorrere l’universo, del resto praticamente inesauribile, dei fattori che hanno reso «possibile» Copernico. Credere di poterlo fare vuol dire affidarsi a una concezione deterministica della storia in cui il sommarsi dei fattori del possibile trasformano quest’ultimo, ad un certo punto, in reale: tale concezione non tiene in alcun conto il peso del singolo individuo — l’importanza innovativa di ciò ch’egli, come soggetto, introduce in quell’universo di fattori — e fa sì che la storia diventi non storia di uomini, bensì di idee. È vero che quando si analizza il quadro storico in cui si è formato Copernico si riesce a capire come «i pensieri non pensati» non siano più «i pensieri impossibili» [65]. Tuttavia, Copernico, con la sua unicità, resta indispensabile per chiarire come quei pensieri non pensati e pur possibili vengano ad un certo punto pensati. Una volta pensati i pensieri assurgono ad un mondo che sussiste indipendentemente, con una sua particolare e vincolante maniera d’essere; ma prima di poter assurgere a tale mondo devono essere pensati. Che cosa portò autonomamente Copernico a pensare di fatto il pensiero non più impossibile del suo sistema innovativo?

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NOTE
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[63]. La riforma del calendario comportava la determinazione dell’anno tropico (connessa con la precessione degli equinozi, una delle questioni centrali del ‹De Revolutionibus›, a cui è dedicato il libro III). E Copernico è ben attento a sottolineare la questione già nella lettera di dedica a Paolo III, ch’è la effettiva introduzione al suo capolavoro: cfr. ‹N. Copernici De Revolutionibus› cit., p. 4, r. 12 e pp. 5-6, r. 42-5.

[64]. Della scoperta dell’America v’è testimonianza nel ‹De Revolutionibus› cit., p. 10, r. 5-10 (libro I, cap. 3). Copernico, tuttavia non fa il nome di Colombo come scopritore, bensì quello di Amerigo [Vespucci], i cui viaggi avvennero tra il 1499 e il 1502, cioè nel periodo «italiano» di Copernico.

[65]. Le espressioni sono ancora di H. Blumenberg, in un’opera di un decennio anteriore a quella sopra citata: ‹Die kopernikanische Wende›, Frankfurt am Main, 1965, p. 37. Su questo tema, con interessanti considerazioni metodologiche, cfr. anche Amos Funkenstein, ‹The Dialectical Preparation for Scientific Revolutions. On the Role of Hypothetical Reasoning in the Emergence of Copernican Astronomy and Galilean Mechanics›, in ‹The Copernican Achievement› cit., pp. 165-203.

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[]  F.  B a r o n e  (a  c u r a  d i),  ‹O p e r e  d i  N i c o l a  C o p e r n i c o›,  U T E T,  1 9 7 9.
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