Proprio mentre Copernico svolge quel lavoro, che alcuni interpreti ritengono erroneamente solo tolemaico, egli conferma appieno l’atteggiamento già indicato nella lettera di dedica a Paolo III, allorché rifacendo per sommi capi il proprio cammino e narrando dell’insoddisfazione provata di fronte alle soluzioni tradizionali che «hanno tralasciato qualcosa di necessario, o hanno ammesso qualcosa di estraneo e per nulla attinente [l’equante, appunto]», lamenta che coloro che «escogitarono gli eccentrici, anche se sembrano avere in gran parte, con il loro aiuto, ordinato in modo esatto i moti apparenti, tuttavia hanno insieme dovuto ammettere parecchie cose che sembrano contravvenire ai principi sull’uniformità del movimento» [107]. E il motivo del disagio provato da Copernico di fronte alle incertezze dei ‹mathematici› è da lui esplicitamente indicato allorché, poco dopo, rivela l’origine del maggior fastidio provato nelle sue riflessioni: il fatto, cioè, che «i filosofi, mentre indagano con tanta finezza le cose più minute del mondo, non hanno poi alcun sicuro criterio di spiegazione per il meccanismo di questo stesso mondo che è stato creato per noi dal migliore e più regolare (‹optimo et regularissimo›) degli artefici» [108]. Si potrà dire che questo è un linguaggio tipicamente medievale con il suo antropocentrismo; ma non si può disconoscere che la via indicata da Copernico è chiaramente quella della sintesi tra tecnica astronomica e cosmologia. L’inconsueta qualifica di Dio come il più «regolare» di tutti gli artefici mostra l’importanza centrale che ha per l’orientamento di Copernico l’assioma dell’uniformità dei moti celesti: si può dire che «egli cristianizza tale assioma cosmologico», dandone una «giustificazione metafisica» [109]. Quindi la ripulsa dell’equante, lungi dal rientrare tra gli strumenti tecnici, porta con sé tutto il peso di questa visione cosmologico-metafisica.
_____
NOTE
¯¯¯¯¯
[104]. ‹De Revotutionibus› cit., p. 246, r. 5-7.
[…]
[107]. 𝐼𝑏𝑖𝑑., p. 4, r. 28; r. 19-22.
[108]. 𝐼𝑏𝑖𝑑., r. 35-37. Il rifiuto dell’equante è in qualche modo connesso con la concezione delle sfere come «solide», cristalline, alla maniera di Aristotele. In nessun passo del ‹De Revolutionibus› Copernico asserisce o nega esplicitamente la «fisicità» delle sfere. È tuttavia significativo che Keplero (‹Opera omnia›, ed. Ch. Frisch, Frankfurt, 1858-71, III, p. 181) ritenga che Copernico concepisse l’esistenza di sfere solide (‹orbes solidi›). In appoggio a tale tesi si possono citare alcuni passi del ‹De Revolutionibus›, come nel cap. 4 del libro primo, quando Copernico parla della molteplicità dei moti celesti dovuta alla molteplicità delle sfere, o sostiene che un corpo celeste semplice non può essere mosso in modo ineguale da una sola sfera (cfr. ‹De Revol.› cit., p. 10, r. 28-29: «Sunt autem plures penes orbium multitudinem motus»; p. 11, r. 9-10: «quoniam fieri nequit, ut caeleste corpus simplex uno orbe inaequaliter moveatur»).
[109]. Cfr. A. Birkenmajer, ‹Études› cit., pp. 640-1.
__________◊ authp_F_r_a_n_c_e_s_c_o_B_a_r_o_n_e
KEYWORDS
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
◊ authp_F_B_a_r_o_n_e
◊ authp_B_a_r_o_n_e
◊ auths_N_i_c_o_l_a_C_o_p_e_r_n_i_c_o
◊ auths_N_C_o_p_e_r_n_i_c_o
◊ auths_C_o_p_e_r_n_i_c_o
◊ cover_O_p_e_r_e_d_i_N_i_c_o_l_a_C_o_p_e_r_n_i_c_o
◊ cover_O_p_e_r_e_d_i_C_o_p_e_r_n_i_c_o
◊ cover_O_p_e_r_e
◊ edit_U_T_E_T
◊ yauth_1_9_7_7, yedit_1_9_7_9
◊ book_quote, lantxt_it, hdr_v2
• keywords_da_inserire
_____
[] F. B a r o n e (a c u r a d i), ‹O p e r e d i N i c o l a C o p e r n i c o›, U T E T, 1 9 7 9.
¯¯¯¯¯
Nessun commento:
Posta un commento