Copernico • 4. La sintesi di astronomia e cosmologia (…5a)

  •  B a r o n e  (1 9 7 7)  •  O p e r e  d i  N i c o l a  C o p e r n i c o  •  I n t r o d u z i o n e  • 

[⇐]   Si tratta quindi di un piccolo trattatello tradizionale, in cui non manca una rapida delineazione del compito dell’astronomo (come farà molti anni dopo l’Osiander): «… noi prima apprendiamo che i moti degli astri ci appaiono ineguali e poi argomentiamo che ci sono epicicli, eccentrici e altri circoli che li portano in tal modo (‹quibus ita ferantur›). Vorrei perciò affermare che fu necessario per gli antichi filosofi prima annotare con l’aiuto degli strumenti la posizione degli astri e gli intervalli di tempo e poi, con questa informazione come guida, affinché la ricerca sul moto del cielo non rimanga senza fine, elaborare una qualche teoria definita (‹rationem certam›), che ad essi parve aver trovata quando la teoria si accordava in qualche modo armonico (‹astipulatione quadam›) con tutte le posizioni osservate e annotate degli astri» [100]. Il confronto tra questo abbozzo metodologico copernicano e quello di Osiander mostra chiarissime differenze: entrambi gli autori ammettono che, raccolte le osservazioni, si tratta di elaborare un’ipotesi o teoria che renda matematicamente conto di esse. È ciò che gli astronomi avevano sempre fatto; ma, mentre Osiander — quasi a sminuire il significato astronomico della parola «ipotesi» — non smette di ripetere che le ipotesi non sono né vere né verosimili e che, a scanso di grossi guai, bisogna guardarsi dal considerarle tali, Copernico non fa alcun cenno in proposito, benché si tratti di un luogo comune della letteratura astronomica corrente. Non dice nemmeno che la teoria proposta (e, ripeto, nel caso della lettera su Werner non si tratta ancora dell’eliostaticismo) deve mirare alla verità, sebbene usi espressioni significative: ma ciò è spiegabile se si ammette che per lui è indiscutibile il senso forte, platonico, dell’uso di «ipotesi»; non c’è bisogno di dire che si pretende la verità delle proposizioni fondamentali (cioè, appunto, le ipotesi) dell’astronomia: è qualcosa di ovvio. È tuttavia tale solo per un «realista»; lo strumentalista deve invece continuamente ribadire la negazione.

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NOTE
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[100]. N. Copernico, ‹De octava sphaera, contra Wernerum›, nell’ediz. di Varsavia del 1854 del ‹De Revolutionibus›, pp. 577-8.

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[]  F.  B a r o n e  (a  c u r a  d i),  ‹O p e r e  d i  N i c o l a  C o p e r n i c o›,  U T E T,  1 9 7 9.
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