Ciò che più è importante, tuttavia, non è tanto l’anticipo di uno o più anni nella composizione, quanto la forza innovativa dell’operetta. Essa si coglie già nello strumento geometrico di cui si vale, poiché Copernico non si serve di un modello eccentrepiciclico, come poi farà nel ‹De Revolutionibus› che segue più fedelmente nella struttura esteriore l’‹Almagesto›, bensì di un modello concentrobiepiciclico. Ma l’innovazione è soprattutto nell’orientamento e nell’impostazione della ricerca in cui è chiaramente prevalente il carattere cosmologico, sia per l’insistenza sul principio dell’uniformità del moto circolare celeste sia anche per le conseguenze che vengono tratte dai postulati moti di rotazione e di rivoluzione della terra. Non solo vengono così spiegati i consueti fenomeni dell’alternarsi del giorno e della notte, dello spostarsi apparente del sole sull’eclittica e delle retrogradazioni e stazioni dei pianeti; ma si dà anche una visione profondamente diversa della grandezza dell’universo: «il rapporto della distanza del sole e della terra rispetto all’altezza del firmamento è più piccolo di quello del raggio della terra alla distanza del sole, cosicché questa è impercettibile (‹insensibilis›) rispetto all’altezza del cielo delle stelle fisse» [153].
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NOTE
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[153]. ‹Erster Entwurf› cit., p. 10.
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[] F. B a r o n e (a c u r a d i), ‹O p e r e d i N i c o l a C o p e r n i c o›, U T E T, 1 9 7 9.
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