[⇐] Copernico aveva acquistato durante il suo soggiorno italiano le ‹Epistolae vel epistolarum formae› greche raccolte da Teofilatto Simocatta e ne aveva curato una versione latina. Questa venne affidata da Copernico a un amico degli anni di Cracovia, Lorenzo Rabe o Corvinus, che nel 1508, mentre viaggiava tra Toruń e Wrocław, la lesse e poi vi premise un poema elogiativo, facendo nel 1509 pubblicare il tutto a Cracovia [150], con la dedica di Copernico allo zio. Nel poema di Corvino v’è un passo significativo: «Hoc opus ex graeco in verba latina trahens Qui celere in lunae cursum, alternosque meatus Fratris, cum profugis tractat et astra globis mirandum. Omnipotentis opus: rerumque latentes causas scit miris quaerere principiis» [151]. Corvinus parla di principi ‹miri›, non ‹novi› (come gli avrebbe permesso la metrica), a proposito di Copernico e fa muovere il sole: si può quindi presumere che non conoscesse ancora, probabilmente perché non era formulata, la nuova teoria dell’amico [152], che quindi dovrebbe essere considerata posteriore al 1508, almeno nella formulazione scritta.
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NOTE
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[150]. Theophylactus Simocatta, ‹Epistolae morales, rurales et amatoriae interpretatione latina›, Cracoviae, 1509.
[151]. Cfr. l’edizione di Varsavia del 1854 del ‹De Revolutionibus›, p. 597.
[152]. Si vedano le considerazioni di E. Rosen in ‹Copernico e la cosmologia moderna› cit., pp. 171-2 e 175.
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[] F. B a r o n e (a c u r a d i), ‹O p e r e d i N i c o l a C o p e r n i c o›, U T E T, 1 9 7 9.
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