Così è già indicato nell’opera minore il motivo del passaggio all’opera maggiore. Egli sentiva che la realizzazione del suo programma originario, la risposta soddisfacente al suo problema di sintesi dell’orientamento dei ‹mathematici› e di quello dei ‹naturales›, poteva essere raggiunta soltanto se egli avesse sviluppato minutamente e analiticamente tutte le conseguenze della nuova ipotesi cosmologica per poterle confrontare con i dati dell’osservazione. Può essere questa una delle ragioni, se non la più importante, per cui egli non pubblica il ‹Commentariolus› e lascia che ne circolino soltanto delle copie manoscritte. Il motivo del riserbo non è forse tanto il timore di suscitare spiacevoli reazioni negli ambienti religiosi, dal momento che l’eliostaticismo pareva negato da alcuni passi delle Sacre Scritture: prima delle tensioni provocate dalla Riforma e successivamente dalla Controriforma non era poi troppo eterodosso interpretare in senso metaforico i passi delle Scritture attinenti a questioni scientifiche [156]. È più probabile che il riserbo stesso — che durò del resto fin quasi alla fine della vita e fu vinto solo quando, ormai vecchio, si incontrò con il giovanile entusiasmo del Retico [157] — fosse dovuto a un senso di responsabilità intellettuale. Come risulta anche dalla lettera a Paolo III premessa al ‹De Revolutionibus›, Copernico vuole evitare che il suo sistema sia scambiato per una pura ipotesi matematica o, peggio ancora, per una fantasticheria inconsistente che origini discussioni a non finire tra gli incompetenti o, addirittura, l’irrisione del volgo che vede scossi i suoi luoghi comuni e le sue presunte certezze sensibili.
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NOTE
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[156]. Ad esempio, vi sono passi della ‹Summa totius theologiae› (q. 68, a. 3c.) di Tommaso d’Aquino in cui si interpretano metaforicamente brani della Scrittura di rilevanza fisica discordanti dalle dottrine aristoteliche (cioè, nella prospettiva d’allora, «scientifiche»). Cfr. T. Kuhn, ‹The Copernican Revolution› cit., pp. 140-2. Copernico stesso, del resto, nella lettera di dedica a Paolo III del ‹De Revolutionibus› (cit., p. 5, r. 36-38) non ha alcun timore, pur rivolgendosi al papa, di considerare ridicola la negazione fatta da Lattanzio della sfericità della Terra, nonostante gli riconosca meritata fama di scrittore su questioni religiose.
[157]. Cfr., più oltre, le introduzioni alla traduzione del ‹De Revolutionibus› e della ‹Narratio Prima›.
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[] F. B a r o n e (a c u r a d i), ‹O p e r e d i N i c o l a C o p e r n i c o›, U T E T, 1 9 7 9.
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