Quest’affermazione di Copernico è stata spesso un punto di appoggio delle interpretazioni sostenenti la «non modernità» dell’autore del ‹De Revolutionibus›, poiché, evidentemente, facendo del concetto relazionale di «modernità» un concetto assoluto, si partiva dal presupposto che «moderna» è solo l’ammissione di un «universo infinito». Ma l’affermazione può diventare anche un punto d’appoggio per chi neghi in Copernico l’interesse cosmologico. Ritengo che anche così si cada in una delle tante forzature interpretative di cui è ricca la letteratura copernicana. Ma è una forzatura con cui bisogna fare i conti perché la si incontra anche in interpreti assai penetranti, come ad esempio, Thomas Kuhn: «Copernico era uno specialista impegnato. Apparteneva alla rinata tradizione ellenistica che dava rilievo al problema matematico dei pianeti a spese della cosmologia… Copernico mostrò di avere la stessa indifferenza [dei predecessori ellenistici] per l’aspetto cosmologico del problema quando non giunse ad avvertire le incongruenze che una terra in movimento creava, in un universo per altri lati tradizionale» [90].
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NOTE
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[90]. T. Kuhn, ‹The Copernican Revolution› cit., p. 235. Una tesi affatto analoga ha di recente sostenuto anche il Pasoli in Giorgio Tabarroni - Elio Pasoli, ‹Copernico Keplero Galileo. Rinascimento scientifico e cultura classica›, I «Quaderni» de l’«Argine», n. 14, 1975, p. 25. La serie delle negazioni più o meno marcate dell’interesse cosmologico di Copernico è tuttavia assai ampia. Ricordiamo qui soltanto quanto A. Koyré disse nella Introduzione a Copernic, ‹Des révolutions› cit., pp. xviii-xix, esponendo la tesi di Osiander: «Tali ipotesi [cioè le ipotesi astronomiche] — e quella di Copernico non più delle altre — non hanno la pretesa di essere vere né verosimili e nemmeno probabili: la migliore è semplicemente la più comoda o la più semplice», sicché, per Koyré, la celebre avvertenza al lettore premessa da Andrea Osiander all’‹editio princeps› del ‹De Revolutionibus› è una «bellissima esposizione, che l’autore avrebbe potuto firmare senza esitazione» (ove non è ben chiaro se l’«autore» è Osiander o lo stesso Copernico). Per la verità, Koyré ha poi attenuato il suo entusiasmo per la premessa di Osiander in ‹La rivoluzione astronomica› cit., p. 32 e p. 82, note 9, 10 e 11. Di conseguenza, è più disposto a riconoscere l’impegno cosmologico di Copernico, sebbene ammetta ancora «la possibilità — e, se si vuole, la probabilità — che Copernico, pur non considerando i suoi orbi e le sue sfere come finzioni matematiche, non fosse così certo di essere riuscito a determinare la struttura reale del meccanismo cosmico nei suoi particolari, così come lo era di averne trovata la struttura fondamentale». Si vedrà tra breve che lo stesso Copernico offre la testimonianza dell’umiltà del ricercatore nel non pretendere la verità assoluta per ogni sua determinazione della struttura del mondo; ma ciò non significa, come pare intendere il Koyré (richiamando il Koestler) che nella ricerca dei particolari di questa struttura Copernico non fosse sempre guidato dall’istanza di trovarne la «verità» cosmologica. Che cosa sono infatti i «particolari»? A. Koestler, ‹The Sleepwalkers› cit., con la consueta acrimonia, che lo induce a vedere in Copernico «l’inclinazione ad ingannare i suoi contemporanei» (p. 124), fa rientrare in essi l’intero apparato tecnico usato da Copernico. Mentre è disposto ad ammettere che egli «credeva che la terra realmente si muove», ritiene che «per lui fosse impossibile credere che la terra o i pianeti muovano ‹nel modo› descritto dal suo sistema di epicicli e deferenti, che erano finzioni geometriche» (pp. 174-5). Cfr. anche Zdeněck Horský, ‹Mathématique et Physique dans l’astronomie de Copernic›, in ‹Avant, avec, après Copernic› cit., pp. 119-24.
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[] F. B a r o n e (a c u r a d i), ‹O p e r e d i N i c o l a C o p e r n i c o›, U T E T, 1 9 7 9.
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